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“Bernardino Campi ritrae Sofonisba Anguissola”, Pinacoteca Nazionale di Siena
Già il titolo del dipinto è spiazzante, se si pensa che la mano è quella di Sofonisba Anguissola. Un ritratto, dunque, ma al contempo anche un autoritratto.
Il Campi, mentre sta ritraendo la sua allieva a grandezza naturale, non guarda la tela ma si volta verso Sofonisba, la quale può così rispecchiarsi allo stesso tempo sia nello sguardo di Bernardino che in quello della propria effigie dipinta. Questo sottile gioco di rimandi, ricco di valenze simboliche, va oltre il semplice omaggio di un’allieva al suo maestro e apre la porta a un complesso scambio di ruoli fra osservatore e osservato. Difficile non pensare allo specchio del Ritratto dei coniugi Arnolfini di Van Eyck o a quello di Las Meninas di Velazquez.
Ma le particolarità di questo quadro non finiscono qui
Benché Sofonisba abbia dipinto una sola tela, sul web e sui cataloghi ne circolano ben tre diverse versioni, fra le quali sussistono sostanziali differenze.
Chi cerca il dipinto sul vecchio catalogo della mostra di Cremona del 1994, che resta tuttora una delle principali fonti bibliografiche sull’Anguissola, si troverà davanti a un’immagine in cui Sofonisba è vestita di nero. Un abito particolarmente dimesso, che forma un curioso contrasto con il suo modo di reggere i guanti nella mano sinistra con fare da gran dama.
Con quell’immagine nella memoria, varcare la soglia della Pinacoteca di Siena può essere spiazzante, perché nel quadro lì esposto Sofonisba non è più abbigliata di scuro, ma indossa uno sfarzoso vestito rosso impunturato d’oro.
A confondere ulteriormente le idee, può poi capitare di imbattersi in una terza versione del quadro, che circola sul web, dove Sofonisba indossa sempre l’abito rosso, ma è dotata di due arti sinistri.
Decisamente c’è di che andare in confusione.
La soluzione del mistero
Un aiuto fondamentale per venire a capo del mistero è l’indagine condotta dalla Soprintendenza di Siena e Grosseto e dalla Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell’Università degli Studi di Siena* (ne trovate un estratto a questo link) che, servendosi anche di indagini radiografiche, ha ricostruito la storia dei restauri e la travagliata genesi di questo dipinto.
Da quanto emerso, pare che inizialmente Sofonisba si fosse ritratta con il braccio sinistro piegato verso l’alto e la mano parzialmente nascosta dal polso di Bernardino Campi. Una scelta compositiva che, oltre a risultare meno equilibrata, poteva dare adito a maligne interpretazioni, in quanto sembrava quasi suggerire che i due personaggi si tenessero per mano.
La pittrice ha ritenuto allora opportuno cambiare la posizione del braccio e l’ha ruotato verso il basso, ricorrendo all’espediente di reggere un paio di guanti. La velatura di lacca rossa con cui è stata realizzata la correzione, povera di pigmento, col passare del tempo si è però fatta più trasparente, lasciando emergere anche la prima versione dell’arto.
Dev’essere stato allora che un ignoto restauratore dei secoli passati, spiazzato dal problema e non sapendo come risolverlo, ha preso la drastica decisione di dissimularlo coprendo tutto l’abito di Sofonisba con uno strato di nero. Così è rimasto fino al 1996, quando un nuovo restauro ha restituito al vestito il colore rosso, portando però nel contempo alla luce anche il duplice arto, che a quel punto si decise di lasciare in vista.
Solo nel 2002 venne presa la decisione di eliminare ogni ambiguità visiva, occultando il primo braccio con una velatura di lacca rossa e restituendo finalmente al dipinto l’aspetto originale con cui Sofonisba aveva inteso tramandarlo ai posteri.
Dalle radiografie, il vero volto di Sofonisba
Vale la pena di soffermarsi su un ultimo aspetto, che mai sarebbe emerso senza l’aiuto delle immagini radiografiche.
Fra i pentimenti e le correzioni che i raggi hanno evidenziato in vari punti del quadro, la scoperta più significativa è quella che riguarda i volti.
I lineamenti tracciati dalla pittrice nelle prime stesure del dipinto, soprattutto per quanto riguarda il suo autoritratto, presentano notevoli differenze rispetto alla versione finale. Ciò non deve meravigliare. Non era infatti inconsueto che un pittore intervenisse pesantemente sui ritratti per idealizzarne le fattezze e adattarle al gusto del tempo.
Ma il primo abbozzo era diverso. Qui l’artista si limitava a riprodurre ciò che aveva davanti, ovvero le semplici e reali sembianze del suo modello.
Ecco allora che, dietro alla maschera rigida, quasi ingessata, dagli occhi rotondi e un po’ fissi con cui la pittrice vuole raffigurarsi, i raggi hanno portato alla luce un volto di donna molto più morbido, vivo e autentico.
È emozionante pensare che, con ogni probabilità, quella che ci guarda dalla tela sia proprio la vera Sofonisba.
*Il ritratto di Bernardino Campi che ritrae Sofonisba Anguissola: dal restauro alla ricostruzione della genesi
Anna Maria Guiducci, Mario Amedeo Lazzari, Laura Martini, Curzio Merlo, Elena Pinzauti. XI Congresso Nazionale IGIIC – Lo Stato dell’Arte – Accademia delle Belle Arti di Bologna, 10-12 ottobre 2013