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Chi ha mai sentito parlare della “Tintoretta”, abile ritrattista cresciuta all’ombra dell’ingombrante padre dall’identico soprannome? E chi, leggendo su una lapide del cimitero di Passy “Berthe Morisot vedova di Eugène Manet” sospetterebbe che lì riposa la pittrice che ha fondato il movimento impressionista insieme a Monet, Degas, Pissarro, Renoir?
Che l’arte non faccia rima con donna non è cosa nuova. Basti pensare che nella Storia dell’arte di E.H. Gombrich, tuttora uno dei libri d’arte più venduti e studiati al mondo, in una cavalcata che si snoda attraverso centinaia di pagine, l’artista tedesca Käthe Kollwitz è la sola cui sia stato concesso l’onore di essere citata. Una delle tante conferme di come la metà femminile dell’arte sia da sempre stata messa all’angolo, complice una tradizione tanto antica quanto miope che relegava tutta la conoscenza in mani maschili. Una tradizione la cui eredità, troppo pesante per essere cancellata, si insinua sorprendentemente fino ai giorni nostri.